Riaccarezzare il tempo che fu. La recensione di Marta Maria Camporeale a «Un dono inaspettato» di Fulvia Altomare

«Quando Margherita si trasferisce in un vicolo del centro storico con suo marito Felice non sa quello che l’aspetta. Non potrebbe essere più diversa dalle persone che abitano quelle case con le porte sempre aperte, le tende lise a schermare un’intimità che non c’è. All’inizio non riesce a entrare in sintonia con Teresa, Letizia, Elisabetta, Agnese. Le donne del vicolo la guardano con diffidenza, marcano le differenze che ci sono fra di loro e le gravitano attorno, curiose. Ma un giorno tutto cambia quando alla sua porta arriva qualcuno che mai avrebbe pensato. Può un vicolo divenire persona, oggetto o parte integrante della vita di qualcuno? Quanto amore origina al suo interno? Quanto odio, dolore o riconoscenza genera e alimenta nello scorrere del tempo?»

Un giorno di novembre conosco virtualmente Fulvia Altomare, coincidenze prettamente letterarie. L’amicizia in tempi brevissimi diventa reale.
Fulvia mi accoglie nel suo mondo, nella sua dimensione. Il suo domicilio sembra fuori dal tempo. La sua casa si apre da porta comune, affacciata su una stradina del centro storico di Molfetta. Un quartiere di casamenti antichi, però cela un’abitazione inconsueta, con un cavedio elitario circondato da muri perimetrali spessi e zeppi di rossi, gialli, verdi, con braccia arborescenti che pendono dall’alto. In autunno l’aria si impregna di umori, di terra e convoglia lo sguardo in una suggestione di colori. Non sapevo di trovarmi già nel suo libro.

«Fra tutte queste case così uguali fra loro, ce n'era una che spiccava per la sua diversità: la mia. Era un palazzotto del Seicento al quale si accedeva da un maestoso portone al di là del quale c'era un grande pezzo di terra incolto. Era composto da diverse stanze e chiudeva il vicolo in cui si trovava».


F. ALTOMARE, Un dono inaspettato, Les Flâneurs Edizioni 2020

Dopo una breve e intensa conoscenza, Fulvia mi mostra la sua prima pubblicazione. Giunge fra le mie mani Un dono inaspettato (Edizioni Les Flâneurs). Torno a casa e leggo avidamente, attratta soprattutto da cenni di storia, iniziata poco prima a voce. Spiccano subito le stagioni della vita, la tolleranza , la sapienza. Le parole seguono l’ordine d’un linguaggio forbito. Sono uno specchio in cui si riflette l’io del lettore. Si accendono considerazioni che toccano radici profonde. La chiave di lettura dell’opera ruota attorno ai rapporti e ai sentimenti sul palcoscenico del tempo.

«Se qualcuno mi chiedesse: "Perché hai scritto del tuo vicolo?", potrei solo dire che il desiderio di tenere in vita tutte le donne che ho conosciuto è stato più forte del timore di non saperle descrivere come meritano». (F. Altomare)

Fulvia Altomare

All’inizio del romanzo c’è un indice di personaggi, sono elencate le loro peculiarità affinché il lettore non si perda nel loro apparire, scomparire e ritornare. Sembrano “attori” di un lungometraggio, ambientato nel tempo che fu. Teresa, Mimmo, Vincenzo sono i protagonisti principali, ma inevitabilmente lo divengono tutti. La storia catapulta il lettore in una carola di avvenimenti singolari che, ad un certo punto, si fondono in una crasi di sentimenti. È voce di paese che troviamo fra le pagine, le difficoltà dei tempi. Problemi, gioie che si affrontano tutti i giorni. Vita lenta e colpi di scena di una società che patisce sempre gli stessi mali. C’è un groviglio di strade, un groviglio di amori, un groviglio di odori. Basta scorgere la tenda di un’umile abitazione a pianterreno e appare la quotidianità. Talvolta la ritrovi per strada, fra atteggiamenti mendaci o veritieri.
Colgo concinnità nel fluire, dote rara che appartiene solo a pochi scrittori.

Sulla copertina, nelle nuances del tortora, un bambino maneggia un gioco semplice, forse una corda per il salto. Metafora di un vero salto fra le braccia di Donna Margherita per chiedere soccorso e lei, aiutando, inconsapevolmente aiuta se stessa. Margherita, punto di riferimento del vicolo, punto di forza per le famiglie da indottrinare con esempi, compostezza e carità: un mutuo soccorso della porta accanto, direi.
Leggere quest’opera è saudade, dolce nostalgia dal gusto romantico.
Buona lettura a tutti.

Marta Maria Camporeale

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