Introduzione a Dino Claudio

Non a caso si utilizza la parola introduzione nel titolo di questo intervento. Perché riteniamo che, nel caso di Dino Claudio, siano più che maturi i tempi per una definizione d'insieme della produzione e della poetica dell'autore molfettese. E per riannodare i fili di un discorso letterario che ci pare lasciato in sospeso è necessario, appunto, introdurre, partire cioé dal principio per (ri)proporre e scandagliare il percorso letterario di un autore che, proprio per le sue ben connotate peculiarità, riteniamo meriti un posto di rilievo nel pantheon dei nomi che hanno dato lustro a questa città. Eppure, a considerare quanta illustre critica si sia occupata nei decenni della produzione narrativa e poetica di Dino Claudio, diremmo che probabilmente anche i confini della città starebbero troppo stretti all'Autore che di certo merita la giusta attenzione - per dirla con Alfredo Luzi - «nell'arcipelago frastagliato della letteratura italiana contemporanea». Da Giorgio Barberi Squarotti a Francesco Tateo che fanno luce sugli elementi che esaltano la grazia suprema e la fondamentale liricità come elementi caratterizzanti della poetica claudiana, ad Emrico Giachery e Donato Valli che concentrano l'attenzione sulla «voce integralmente e disperatamente lirica» dell'Autore che rende la sua una poesia intesa come «realtà del sogno»; da Dante Maffia che si concentra sul Dino Claudio poeta allo stesso Alfredo Luzi il quale punta l'attenzione sugli elementi della natura e della Società nella poetica di Claudio; da Giuliano Manacorda che evidenzia il motivo del silenzio a Bruno Rossi che porta in luce una classicità trasgressiva nella produzione di Claudio; e ancora nomi come Federico Ronconi, Giovanni Titta Rosa, Elio Filippo Accocca, Maria Luisa Belleli e tanta altra parte importante della critica letteraria italiana.



Basterebbero questi e i tanti altri nomi qui non citati a dare la misura del calibro letterario di Dino Claudio non perché siano sufficienti ad emettere un giudizio definitivo (semmai fosse possibile) quanto, al contrario, a motivare un approfondimento, una discesa negli inferi e nei paradisi claudiani, per poter riannodare i fili di una valutazione critica e di una valorizzazione culturale e letteraria ormai necessaria. Tanto più che, dati i fermenti vivacissimi quando non - d'altro canto - confusi e confusionari dell'ultima parte della produzione letteraria italiana, la rilettura di un autore come Claudio e la definizione dei punti fermi, evidenti e solidi di quella poetica, si rendono utili all'identificazione e all'inquadramento di una delle ultime figure (certo, non la sola) che nel panorama letterario nazionale merita di essere fermata e proposta come una delle personalità più definite e meglio collocabili nel contesto contemporaneo. Anche, e forse soprattutto, grazie a quel senso di distacco dal reale e stigma della quotidianità spicciola che pervade tanta parte della produzione poetica e narrativa dell'Autore.
Va anche sottolineato come già la maturità letteraria di Claudio gli abbia restituito l'onore di essere oggetto di diverse tesi di laurea tra le quali ricordiamo quelle discusse presso l'Università Cattolica di Milano e l'Università degli Studi di Bari così come l'inclusione nella Storia della Civiltà Letteraria Italiana (UTET 1995) ad opera di Giorgio Barberi Squarotti.
Un concittadino, dunque, nato a Molfetta nel 1932, e trasferitosi poi a Roma nella quale continua a vivere oggi dopo aver toccato varie città italiane in cui ha svolto mansioni di Provveditore agli Studi. Insignito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri dell'onorificienza di Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana il 2 giugno 1982, Dino Claudio può considerarsi a ragion veduta esponente di quella generazione "in viaggio" (o, come meglio la definisce Raffele Nigro "in fuga") che ha vissuto tra ricerca del nuovo e nostalgia del passato. «La letteratura pugliese aveva fatto perno su poeti e scrittori per lo più in fuga e su alcuni altri fuggiti e poi rientrati per costruire qualcosa, come era accaduto a Girolamo Comi e al gruppo dell’«Albero», con Maria Corti, Vittorio Pagano, Rina Durante. Ma tanti altri erano emigrati altrove, avevano narrato le difficoltà della provincia che passava dall’aratro alla scrivania, uomini come Nino Palumbo, Raffaele Carrieri, Marino Piazzolla, Biagia Marniti, Giuseppe Cassieri, Aldo De Jaco, Carmelo Bene» (R. Nigro).
La Puglia, dunque, "terra di formiche", come la definiva Tommaso Fiore, era ed è piuttosto fertile vivaio letterario che pagava dazio ai dettami editoriali di Benedetto Croce spingendo in una sorta di fascia di Kuiper letteraria buona parte di una vivacità e produzione di tutto rispetto. 
Restringendo il grandangolo dell'osservazione dalla regione alla città, com'è giusto che imponga in qualche modo la linea editoriale del nostro magazine e senza scendere troppo nei contenuti, almeno per ora, va sottolineato come, per esempio, il vicino comune di Ruvo di Puglia, attraverso l'assessorato alla Cultura, ormai da un paio d'anni ha dato vita ad una serie di iniziative mirate e contestualizzate atte a una completa riappropriazione e rivalutazione di una figura poetica di assoluto primo piano quale quella di Biagia Marniti, anch'essa - come si diceva - poetessa "in fuga" dalla natìa Ruvo alla Capitale presso la quale fu, tra le altre cose, allieva e amica di Giuseppe Ungaretti. 
Certo, probabilmente parlare di una posizione in penombra a proposito di Dino Claudio non sarebbe né esatto né corretto data la lunga e profonda attenzione riservata dalla critica letteraria nazionale alla sua produzione poetica e narrativa. Purtuttavia ci pare che sia nella città in quanto Istituzione a mancare quell'attenzione e forse quell'interesse rispetto a una figura di certo peso e spessore la cui memoria, deo gratias, è almeno affidata alle iniziative di associazioni, circoli e stampa locale - la nostra rivista come altre, va detto - alle quali non è mai mancato il coraggio di mantenere viva l'attenzione sui propri "figli" e sui propri "padri" e rappresentanti.



«Quando però penso a Molfetta, penso a un luogo unico e strabordante di personalità letterarie e artistiche. Non c’è luogo, tra Puglia e Basilicata, così ricco di autori», dichiara Daniele Giancane in uno dei suoi ultimi interventi sulla prestigiosa rivista letteraria La Vallisa da lui fondata e diretta. Ed è bene che una città come Molfetta, ritenuta ormai una sorta di fucina di talenti letterari, ponga fra le sue priorità un'attenzione più critica e impegnata nei confronti di chi è stato ed è in grado, attraverso il proprio "semplice" studio e impegno di offrire un importante contributo di crescita e maturazione della comunità e oltre i confini della stessa.
Ecco, pertanto, il senso di questa  semplice introduzione. Un primo passo nella direzione di una riproposizione dell'opera di Dino Claudio a favore anche e soprattutto di quelle nuove generazioni che si affacciano con entusiasmo all'arte e alla letteratura e che sempre più vigorosamente esprimono un sottile e strisciante "bisogno di poesia". Un primo passo che non a caso proponiamo nel primo numero del nuovo anno 2022 che speriamo poter arricchire anche di questo ulteriore contenuto.
Buon Anno a tutti.
Edito in L'altra Molfetta, Gennaio 2022

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