Loredana Lorusso legge «Carne e sangue»

Carne e sangue. Resti della mattanza che il tempo fa delle emozioni. Monologhi, soliloqui, quasi racconti in cui Vito Davoli pone dubbi e perplessità su sé stesso e sul suo tempo proprio in quanto poeta.

Non c’è poesia in questa silloge che non contenga la parola TEMPO, presenza figurale del nostro essere nel mondo. Il tempo di cui il poeta ama e teme caratteri ineludibili.
La fugacità del tempo: «Io so di creare soltanto un ricordo» ("Fugacità"); «Adesso studio le rovine più alla luce» ("Come in un attimo"). 
Il movimento del tempo che è proprio di un amplesso: «Nel senso di uno sconcio sempiterno» ("Come giostra che non gira in tondo"); «Dondolo appeso ai fili di un ragno tenace» ("Di ieri, oggi e ancora domani").
L’instabilità del tempo: «Sopra la linea di confine in equilibrio incerto» ("La Linea").
Il tempo come specchio a cui il poeta sfugge: «quando posso evito di guardare» ("In Bilico"); «Sono il piacere della fuga» ("Fugacità").
Il tempo da sfidare nel desiderio di eternità: «Sarò dall’altra parte nei giorni che verranno» ("L’Eco"); «Tu cancelli l’affanno del tempo» ("In un solo momento"); «Altri la chiameranno eternità» ("Brindisi").
Il tempo da annientare: «Una domanda sibilai e poi ti uccisi» ("Senza Fili"); «Qualcuno chiuda i boccaporti del tempo» ("Carne e sangue").
Il tempo come il terzo nella danza: «Ma non misuro il tempo che cola lento / e si fa impenetrabile ambizione d’eternità» ("Tango").

Loredana Lorusso


È il tempo che come un tonnarota chiude nelle reti l’ansia, la paura, l’audacia, l’eros, la voglia di libertà del poeta. Pratiche d’esorcismo a scacciare la presenza di questo tempo aguzzino, i sonetti claudicanti, in cui l’amore e l’eros sembrano quasi, di un sacramentale, preghiere e riti recitati: «Come fa male la catena sporca!» ("L’ambita prigionia"); «Vienimi dentro l’anima (...) Io godo come un tarlo dentro il legno» ("La cattiva preghiera"); «Fa presto, amami adesso / Spalanca quelle porte» ("Per ora, per quest’attimo"); «Tu che non leggi le parole attente / chiudi gli ingressi del tuo tempio nero» ("Le quinte, non la scena"); «Fruga quest’essere di gioie ingordo» ("Osanna"); «L’amore ha una sua giurisprudenza: / prima t’adorna, poi ti lascia spoglio» ("Paralitiche immagini"); «Sciolti i grovigli dei corpi / pochi restano gli appigli» ("Le mani arrese").

V. DAVOLI, Carne e sangue, Tabula fati 2022

Ma il tempo è fecondo, e lascia nella scia i ricordi di cui il poeta narra in "Capitano, mio capitano". Ricordi le cui schegge, infitte nella carne a sanguinare, evocano domande che il poeta usa per accomiatarsi dal lettore: «Adesso devo proprio salutarti. / Non fare altre domande» ("Devo proprio");  «Così parlerò dei silenzi e dei quadri» ("Ambizione"); «Vlora bon-bon traboccante di crema» ("Vlora"); «Ma io sarò…cosa?» ("Cantami Sarajevo");  «Che ne sarà di noi / favola mia, tormento?» ("Estensione"); «Se amare è morire…» ("Come Sindone").
Una silloge incisiva ed illuminante.

Loredana Lorusso

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