Innalzare l'uomo al di là della morte, della vita e dell'oblio. Francesco Galasso legge «Carne e Sangue»

Parlare di Vito Davoli e della sua poesia non è facile.
Trovare le parole che possono essere all’altezza della sua poetica diventa, quasi, un’impresa difficile. Dopo la sua prima raccolta poetica dal titolo “Contraddizioni” del 2001 c’è un lasso di tempo considerevole che chiamerei riposo vegetativo. Si fa questa pratica (maggese) con i terreni agricoli per permettere alle future piantagioni un’esplosione di frutti e fogliame piuttosto rigogliosi. Così è avvenuto con l’autore attraverso questa nuova silloge il cui titolo Carne e sangue richiama tutto l’impegno profuso senza risparmio d’energie nella pratica dell’ars poetica

Francesco Galasso

In un panorama di deboli afflati, di esilio della parola, corposa ed essenziale, troviamo in questa silloge una struttura eufonica, intesa come armonica e gradevole, un pensiero netto e non claudicante. La poesia come nicchia, rifugio, nella quale poter fermare la dissipazione del tempo. 

C’è un sogno di resistenza e resilienza in Vito Davoli, una riserva d’acqua dolce, come àncora di salvezza rappresentata dai versi che scaturiscano da una fonte limpida e pura. La siccità degli impulsi emotivi e delle promesse d’amore non mina la tempra generosa dell’autore, già messa alla prova dalla vita agra e meschina. In lui c’è il desiderio d’innalzare l’uomo al di là di ogni ragione contraria, al di là della morte, della vita e dell’oblio. Un cercare in alto verso vette di bellezza proprio dei poeti della classicità, basti pensare ad Orazio. 

Il libro ha una veste aristocratica ed il contenuto si presenta in modo uniforme con dei campi semantici che si susseguono in ogni lirica senza sbavature o narrazioni fuori controllo. Un filo rosso segue lungo tutta la scrittura, un dialogo, a volte, con se stesso che non lascia spazio alle banalità. Parole nuove quelle del poeta, un profumo d’erbe primaverili, un accostamento di lemmi in modo inusuale.

Una lettura interessante che lascia incantati i lettori, amanti della poesia, che non rimarranno certo indifferenti alle immagini, alla musicalità e alla forza di un afflato ricco di sentimenti come nella poesia “Rosso”.

ROSSO 
 
Le case, rosse, bruciano confuse
sotto quest’ora crepitante
che ridà sangue ai muri.
Io non distinguo il mare del mattino
se il sole lo tiene con un braccio
pronto a rifarsi il trucco
né il cielo malinconico sopra il mio Sud
se piano l’abbandona. 
 
Chissà perché i poeti amano il tramonto!
Forse per me è il belletto
prima della prima,
attesa
speranza sanguigna
che lo spettacolo abbia inizio
o forse solo del giorno dopo
del giorno nuovo.

«… Io non distinguo il mare del mattino / se il sole lo tiene con un braccio / pronto a rifarsi il trucco…» ed ancora «… Chissà perché i poeti amano il tramonto! / Forse per me è il belletto / prima della prima, / attesa / speranza sanguigna /… / del giorno nuovo». C’è sempre tanta speranza in questo nostro sud ed i versi di Vito Davoli sembrano richiamare “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati: quell’aspettare, sempre di vedetta, dietro i bastioni, un nemico che non verrà mai e nel frattempo il tramonto lecca le nostre ferite. 

L’autore di Carne e sangue ci coinvolge in un’atmosfera magica, fantastica, ricca di una simbologia fuori dal comune senza il bisogno di scendere in approfondimenti e spiegazioni. Il suo è un linguaggio suggestivo, a volte pittorico, e rispecchia grandezza morale. Si vorrebbe tornare indietro… «Deformo lo specchio…» dice l’autore nella poesia In bilico dove si muove come un equilibrista con i piedi poggiati di taglio su una corda tesa. Si ha nostalgia dell’animo fanciullo, quello che rideva e scherzava, senza pesi sulle spalle, in spazi aperti, senza un continuo alert.

C’è un impegno civile nel pensiero dell’autore, non è solo un guardarsi dentro per una conoscenza intimistica, ma uno sguardo all’esterno, proiettato verso desideri di beltà, alla ricerca di una umanità che bisogna trovare nonostante tutto. Lui non volta le spalle di fronte ai più deboli, ne fa punti di forza, speranza e gioia di vivere senza commiserazione o pietas. Il suo poetare è accoglienza, spirito costruttivo, un traboccare di sogni, mani grandi per piccole necessità come un pezzo di pane, volersi bene ed una coscienza netta. Ed è così che avviene nella poesia “Vlora” che io definirei il suo manifesto poetico.

«… Vlora bon-bon traboccante di crema… / … Vlora che sogni il sole ad occidente…» è l’apoteosi delle immagini, la goccia che buca la roccia dell’indifferenza, il ritmo incalzante che si fa musica. Un episodio, quello della prima nave albanese sbarcata in Italia (Bari) col suo carico di disperati, che rappresenta l’incipit di una nuova era, quella dell’immigrazione di massa, e l’autore in questa poesia ne ha sottolineato l’importanza, profetizzando un futuro, di cui - e che da lì in poi - tutti noi dovemmo farci carico senza risparmio alcuno. Questa è la potenza della poesia che in pochi versi rispecchia tutto un mondo: storie, vite, famiglie, aspirazioni, delusioni, costumi, tradizioni, lacrime, ferite, donne incinta, spruzzi di mare, grida, vestiti consunti, facce rigate dal sole e soprattutto riscatto.

Ogni poesia di questa silloge meriterebbe un capitolo a parte. Da qui nasce l’esigenza e la consapevolezza che non bisogna mai fermarsi all’apparenza, all’esteriorità, ma scavare, se necessario a “mani nude”, aprire varchi fra parole, lettere, vocali e consonanti, in modo tale da scoprire e scomporre la materia poesia in atomi e particelle.

«A me piace pensare / che Amore sia un costrutto privativo / che nella lingua nega / costumi e abitudini». Pochi versi in questa poesia del poeta dal titolo A-more, ma così densi che trasportano il lettore in una pareidolia di pensieri, un dedalo dalle interpretazioni più variegate, ma sempre fedeli alla poetica dell’autore. Un amore sviscerato quello di Vito Davoli che obbedisce alle legge dell’amore: donare senza pretendere nulla in cambio e rinunciare a qualcosa con la felicità nel cuore. Scriveva Sant’Agostino: «In interiore homine habitat veritas». La verità abita nell’intimo dell’uomo. Ogni ricerca di se stesso, apre alla consapevolezza della relazione, quel contatto con il prossimo che ci permette di crescere e costruire ponti di amicizia e solidarietà. L’anima profonda del poeta detta il tempo, riconduce orgogliosamente alla natura dell’uomo.
Siamo fatti per amare.

Francesco Galasso



FRANCESCO GALASSO nasce a Mesagne (BR) il 5 Luglio 1960. Dopo la maturità e studi universitari si dedica, con passione, alla scrittura, approfondendone le tecniche, attraverso lo studio personale e frequentando corsi e seminari fra cui quello di giornalismo a Fasano (BR), organizzato dall’ordine dei giornalisti in collaborazione con una radio locale. Francesco Galasso non ha scelto la poesia, ma la poesia ha scelto lui come accade, spesso, per tanti altri.
Uno stile di vita, il suo, scevro da ogni ricchezza, modelli di successo, ambizioni di potere, arricchimento a danno degli altri. La poesia come bellezza, armonia di vita, collaborazione e condivisione con i propri simili, piattaforma di equità sociale, un terreno pianeggiante senza distanze e barriere di sorta. Sentimenti ed emozioni che allontanano ogni conflittualità tra gli esseri umani. Ogni uomo deve avere un ideale per cui vivere! Così facendo, egli, si è affacciato al mondo Accademico e culturale riscuotendo consensi e fiducia, tradotti in nomine importanti come Segretario Provinciale prima, e Presidente del Collegio dei Sindaci poi, del Li.S.S.P.A.E. (Libero Sindacato Scrittori, Poeti ed Artisti Europei); Accademico di Merito “Padre Pio da Pietralcina” dell’omonima Accademia Internazionale di Scienze, Lettere ed Arti di Trinitapoli (FG);
In seguito ha avuto modo di affermarsi come poeta, scrittore, giornalista, critico letterario e cultore del vernacolo mesagnese su riviste specializzate, giornali e Case Editrici. Diversi sono, poi, i premi ricevuti nei vari Concorsi Letterari con la narrativa breve, la poesia in lingua ed in vernacolo. Molte sue opere sono state pubblicate in numerose raccolte antologiche.
Ha pubblicato con la Casa Editrice Menna di Avellino il volume Autori della Casa Editrice Menna a cura di Francesco Galasso; con Interno libri La luna spezzata nella sezione Interno versi. Attualmente è promotore del Cenacolo Poetico “G. Pascoli” e delegato alla poesia di Comunità presso l’isbem di Mesagne.

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