«Rosso»: il commento di Giuseppina Girasoli
«Il mio Sud» del poeta che guarda al "cielo malinconico", mi ricorda quello di mio padre, dei contadini di questa nostra terra sferzata di rosso, come questi versi.
Sanno le parole ascoltare i suoni che vibrano nelle estati assolate, durante la sonora stridente "ora crepitante" e si accendono i rossi che bruciano nell'animo, diventano violento "sangue ai muri" imbrattati di finzioni e belletti sociali, facce sbarbate incipriate per un'altra farsa, un nuovo imbroglio.
E si percepisce il fremere, direi quasi volitivo della voce che s'alza da quel paesaggio sanguinante di rosso, un passionale amore che non lascia spazio alla resa. Nella chiusa Vito Davoli, con un improvviso salto, come il cavaliere degli scacchi, lascia che la "speranza sanguigna" prevalga e come Godot, aspetta "il giorno nuovo".
ROSSO
Le case, rosse, bruciano confuse
sotto quest’ora crepitante
che ridà sangue ai muri.
Io non distinguo il mare del mattino
se il sole lo tiene con un braccio
pronto a rifarsi il trucco
né il cielo malinconico sopra il mio Sud
se piano l’abbandona.
Chissà perché i poeti amano il tramonto!
Forse per me è il belletto
prima della prima,
attesa
speranza sanguigna
che lo spettacolo abbia inizio
o forse solo del giorno dopo
del giorno nuovo.
da V. DAVOLI, Carne e sangue, Tabula fati, Chieti 2022