Tre poesie di Jorge Valdés tradotte in italiano

Jorge Valdés Díaz-Velez è poeta e diplomatico messicano, nato a Torreón nel 1955. È stato insignito del Premio Nazionale di Poesia Aguascalientes nel 1998 per la silloge La puerta giratoria (La porta girevole), Ed. J. Moritz, Alicante (Messico) 1998, successivo al Premio Latinoamericano Plural del 1985. Successivamente ha conseguito anche il Premio Internazionale di Poesia Miguel Hernández. Comunidad Velenciana (2007) e il Premio Iberomaericano di Poesia Hermanos Machado del 2011.
Nello stesso anno ha pubblicato un'antologia delle sue opere tra le quali, oltre quelle appena citate, ricordiamo Aguas territoriales (1988), Cuerpo certo (1995), Jardines sumergidos (2003), Cámara negra (2005), Los alebrijes (2007), Otras horas (2010), Mapa mundo (2011).
È stato tradotto in diverse lingue tra cui, oltre l'italiano, il francese , l'inglese e il portoghese. 
Grazie alla sua attività diplomatica presso il Ministero degli Esteri messicano, è stato rappresentante culturale in diversi paesi quali Costarica, Cuba e Spagna.

Di seguito una breve introduzione alla sua poesia tratta dalla prefazione a Otras horas del 2010, insieme a tre poesie qui tradotte per la prima volta in italiano.

«Jorge Valdés Díaz-Vélez (...) ofrece al lector en sus páginas la más intensa y depurada muestra de su quehacer poético. Jorge Valdés hemana el esplendor de las antiguas formas clásicas del soneto con la economía de los tankas japoneses, todo en un coherente universo lírico donde se agitan las temáticas universales: los cuatro elementos; las coordenadas de espacio y tiempo; la nostalgia y la esperanza; el recuerdo y el olvido; la música y el silencio; las certezas, las pérdidas, las distancias y el amor, dan fondo y forma a un conjunto de poemas donde la poesía resplandece a la luz de la belleza, el arte y la vida y sus emblemas».

«Jorge Valdés Díaz-Vélez (...) nelle sue pagine offre al lettore la più intensa e pura esternazione del suo intarsio poetico. Egli diffonde lo splendore delle antiche forme classiche del sonetto unito all'economia tipica dei tanka giapponesi, tutto in un coerente universo lirico in cui si mescolano tematiche universali: i quattro elementi, le coordinate di spazio e tempo, la nostalgia e la speranza, il ricordo e l'oblio, la musica e il silenzio, le certezze, le perdite, le distanze e l'amore; tutto ciò dà fondo e forma a un insieme di liriche dove la poesia splende alla luce della bellezza, dell'arte, della vita e dei suoi emblemi».


LA ROSA 

En un paño de perciopelo
negro, la rosa declinaba
los nombres de su nombre: Roja
desde el contorno iluminado
hasta su pétalo más frágil,
todo su olor llenaba el día
de suavidad, Húmeda flor
herida de belleza, flama
en los ojos que acariciaron
su desnudez, como quien roza
una gota de miel o un velo
de oscurecida transparencia.
Sobre los pliegues de la muerte,
en un lienzo negro, la rosa
.

LA ROSA: poesia indedita apparsa sulla rivista Estacion poesia dell'Università di Siviglia, diretta da Antonio Rivero Taravillo


LA ROSA 

In un panno di velluto
nero, la rosa declinava
i nomi del suo nome. Rossa
dal contorno lucente
fino al suo più fragile petalo,
tutto il suo odore colmava il giorno
di leggerezza. Umido fiore
ferita di bellezza, fiamma
negli occhi che hanno accarezzato
la nudità sua come chi sfiora
una goccia di miele o un velo
di scura trasparenza.
Sopra le pieghe della morte
in una tela nera, la rosa.



VIERNES 

Las plegarias desencadenan
el duro golpe del redoble.
Lastran en su dolor la imagen
de la miseria y la piedad.
Suben eslabones y lámparas
votivas. El incienso empuja
la palidez turbia del aire
hasta llegar al campanario.
El Cristo de madera, en hombros
alzados, entre la multitud
trasciende un año mas, occurre
por la saeta y la esperanza
al Callejón de los Milagros.
Vibra la piel d los tambores
en el pecho, Dios por testigo,
sentencia uno, y continúa
pesadamente; asciende, sigue
la procesión hacia la Nada.



VIERNES: tratto da Otras horas, Qualea Editorial 2010



VENERDÌ 
 
Le suppliche scatenano
il duro colpo del rullante.
Pesano nel dolore l'immagine
della miseria e della pietà.
Salgono legami e lampade
votive. L'incenso spinge
il torbido pallore dell'aria
fino a raggiungere il campanile.
Il Cristo di legno, sollevato
a spalla, fra la folla
supera un anno in più, capita
per freccia e speranza
al Viale dei Miracoli.
Vibra la pelle dei tamburi
dentro il petto. Dio per testimone,
sentenzia uno, e prosegue
pesantemente; ascende, segue
la processione verso il Nulla.


«La poesía, mediante las palabras que convoca, suele irse con mayor frecuencia a las profundidades, que salir a la superficie para después ganar altura.
Y cuando hablo de las profundidades no me refiero a lo profundo, sino a los versos de siempre con la mediocridad de siempre: aquella que no emociona, que no sacude, que le da la espalda a los sentidos sin arriesgar nada, en ningún terreno.
No es el caso de Jardines sumergidos, el quinto libro de poemas de Jorge Valdés Díaz-Vélez, editado por Colibrí y la Secretaría de Cultura de Puebla». 

«La poesia, attraverso le parole che chiama in causa, suole puntare con maggior frequenza alle profondità più che a uscire in superficie per poi raggiungere alture.
E quando parlo di profondità non mi riferisco al profondo quanto ai versi di sempre con la mediocrità di sempre: quella che non emoziona, che non scuote, che dà le spalle ai sensi senza rischiare nulla, su nessun terreno.
Non è certo il caso di Jardines sumergidos (Giardini sommersi), la quinta silloge di poesie di Jorge Valdés Díaz-Vélez, edito per i tipi di Colibrì e la Secretaría de Cultura de Puebla».

tratto da: FRANCISCO HERNÁNDEZ, 2 Minutos de lectura, Jardines sumrgidos (02/05/2003) in Vuelo de Jaguar. Revista Literaria de Hispanoamérica, Número 13 / Enero-Marzo / de 2022


HISHMAR 

La manera de peinarte desnuda
ante el espejo húmedo del baño,
de apresar en la palma tu cabello
para escurrir el agua y agacharte
en medio de palabras que no entiendo;
el acto de secar tu piel, la forma
de sentir con las yemas una arruga
que ayer no estaba, o de pasar la toalla
por la pátina oscura de tu pubis;
el modo de mirarte a ti contigo
tan cerca y tan lejana, concentrada
en una intimidad que a mi me escluye,
son gestos cotidianos de sorpresa,
ritos que desconozco al observar
las mismas ceremonias que renuevas
al calor de tu cuerpo y que dividen
un segundo en partículas: espacios
donde la vida expresa su sentido
posible y que se afirman al peinarte
desnuda en las mañanas, como un fruto
que yo contemplo por primera vez.



HISHMAR: tratto da Jardines sumergidos, Colibrì 2003



HISHMAR 

Quel modo di pettinarti nuda
contro lo specchio umido del bagno,
di stringere i capelli nella mano
per far scolare l'acqua e reclinarti
in mezzo a parole che non comprendo;
l'atto d'asciugarti la pelle e la maniera
di sentire in punta di dita quella ruga
che ieri già non c'era
o di sfiorare con l'asciugamano
la patinata oscurità del pube tuo;
la maniera in cui tu guardi te stessa
così vicina e poi così lontana, concentrata
in una intimità che ormai mi esclude,
son gesti quotidiani di sorpresa,
riti che non conosco all'osservare
le stesse cerimonie che rinnovi
al calore del corpo: dividono
un secondo in particelle, spazi
dove la vita esprime ogni suo senso
possibile
e che si affermano al pettinarti nuda
dentro ogni mattina, simile a un frutto
che io contemplo per la prima volta.


J. VALDÉS DÍAZ-VÉLEZ, Otras horas, Qualea Editorial 2010

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