Antonio Vanni legge 𝘊𝘢𝘳𝘯𝘦 𝘦 𝘴𝘢𝘯𝘨𝘶𝘦

Quando il pensiero di Vito Davoli si ferma sulla carta, ha mille bocche ossigenate sporgenti di sete che chiedono linfa. Sentirsi chiamare da lontano con timore, con le parole di Carne e sangue: un pudore ancestrale seminascosto da un tetto qualunque appare all’indurito Cosmo. Ecco, solo gli occhi, a tratti, scoprono incerti e arditi barlumi, richiami eco-sovrapposti, anneriti, incalzanti, quasi tracce di amore.

Antonio Vanni

La quotidiana esperienza di una realtà spesso drammatica, di una umanità sofferente ed angosciata, che rappresenta sovente l’aspetto più autentico della vita di tutti i giorni al di là dell’apparenza e della superficialità, sembra fornire il supporto concreto, la humus in cui affonda le sue radici la poesia di Vito Davoli, e quel profondo e così forte senso di solidarietà nei confronti dei propri simili ed ogni forma animata.

Al centro di ogni interesse l’uomo con la sua vita interiore e nel suo rapporto con la realtà: anche la natura ne diviene partecipe ed allo stesso tempo viene coinvolta in quanto può assumere dentro di sé la proiezione su un piano più oggettivo. Movimento, ritmo, musicalità sono risolti fuori da gelide geometrie, superando gli schemi ripetitivi di scontate metafore artistiche.

Vito Davoli riesce a trasmettere la forza e la sofferenza interiore, le vibranti emozioni percorse da una vena di elegia, le pause e i silenzi della ricerca nell’evoluzione affettiva, nel graduale passaggio all’acquisizione di autocontrollo e di responsabilità nei confronti di se stesso e degli altri, di relazioni interpersonali valide, dove siano contemperate le esigenze proprie e degli altri. E l’immagine dell’uomo che emerge da Carne e sangue non è disperata, priva di sbocchi risolutivi: ma c’è anche la consapevolezza che le soluzioni possono nascere solo dall’interno dell’uomo, non possono essergli imposte né sollecitate dall’esterno.


V. DAVOLI, Carne e sangue, Tabula fati 2023


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