La misura di un verso che coglie le essenze: DANTE MAFFIA recensisce CARNE E SANGUE
Raro trovare una voce di poeta sempre composta e sempre attenta alla misura espressiva, a non andare oltre i confini di una realtà vissuta e rielaborata per coglierne le essenze e renderle immagini da conservare.
Sì, la prima cosa che rende piacevole questa raccolta è il timbro espressivo, la capacità di saper cogliere le emozioni e renderle poesia senza fronzoli, senza eccessi, senza aggiunte troppo letterarie che avrebbero reso le espressioni legate a una stagione e non alla marea disorientante del tutto.
Insieme a Dante Maffia alla XV Notte Bianca della Poesia a Giovinazzo e Molfetta, giugno 2025
Del resto un’opera che si presenta sotto la benedizione delle due maggiori poetesse russe, e non solo, Anna Achmatova e Marina Cvetaeva, vuole fare intendere che si sta muovendo in atmosfere roboanti, in ascensioni liriche che vogliono dimostrare che la poesia è lievito che si accumula da flussi indistinti che macerano processi infiniti per poter cogliere quella immobilità «in un tempo falso / che più di ogni altro ci appartiene».
Daniele Giancane, nella sua presentazione ha insistito immediatamente sulla “unità stilistica” del volume per guidarci a una lettura che stesse in un ambito rigoroso, ma ci sono nel libro improvvisi scatti di luce che spostano le distanze e creano aperture verso una dilatazione dei sensi che in Vito Davoli sono una ressa.
Si può dire che ogni composizione di Carne e sangue è come se nascesse da una necessità biologica cha ha bisogno poi di trovare lo spazio spirituale per percepire il misterioso palpito che suggerisce al poeta il cammino da compiere.
Davoli vive la scrittura come una febbre che lo fa fibrillare e lo rende capace di poter discernere le musiche interiori, e quindi la leggerezza spirituale, proprio perché non dimentica che siamo fatti di carne e di sangue. Un processo che fa fiorire parole alate e detta versi indimenticabili come quelli de Le musiche del tempo e me o come quelli di Finisce: «T’ho posata fresca / nelle musiche del tempo / com’esse t’accarezzavano / nelle tue palpebre sopite, / sulle tue labbra inconsapevoli / anelanti a me».
Insomma, siamo al cospetto di un poeta che non vuole che la parola diventi letteratura e basta, ma che resti sempre essenza di un diluviare interiore capace di saper acciuffare l’ebbrezza delle emozioni e la essenza del vivere. Un poeta che sa rinascere «senza ceneri e rovine / succhiando il latte / alle mammelle del tempo».
Dante Maffia
V. DAVOLI, Carne e sangue, Tabula fati, Chieti 2022
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