La poetessa ANILA DARIHU traduce e commenta alcune poesie di CARNE E SANGUE sulla Gazeta Nacional albanese

Di seguito l'articolo della poetessa, traduttrice e giornalista albanese Anila Dahriu,che pubblica sulla Gazeta Nacional Albanese del 23 settembre 2025, questo acuto testo sulla poetica di Carne e sangue, corredandolo con un contributo del Direttore Mujo Bucpapaj e con alcuni insigni spunti critici e traducendo cinque poesie tratte dallo stesso testo e dalla precedente silloge Contraddizioni.


La poesia di Vito Davoli rappresenta una voce profondamente meditativa e impegnata, che si muove con libertà tra la lirica esistenziale e una visione critica della realtà contemporanea. Attraverso un linguaggio controllato e privo di orpelli, Davoli costruisce il proprio universo poetico sul contrasto tra presenza e assenza, memoria e oblio, passione e solitudine.
La traduzione magistrale di Anila Dahriu trasmette non solo il significato delle parole, ma soprattutto il ritmo, l’intonazione e lo spirito interiore della poesia, realizzando un atto creativo secondario che conserva la dignità dell’originale e lo riproduce in una lingua poetica pura e profondamente albanese.
La loro collaborazione costituisce un eccellente esempio di dialogo interculturale e di dedizione all’arte della parola.
Mujo Bucpapaj

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Non ho ancora letto un libro completo dell’autore Vito Davoli, ma dobbiamo ringraziare i social network e le numerose critiche di autori affermati della letteratura contemporanea, sia del suo Paese d’origine, l’Italia, sia della scena internazionale. Le recensioni di Dante Maffia, Marina Caracciolo e Guido Oldani, tra gli altri, aiutano molto a comprendere la profondità e l’unicità della sua poesia.
Non desidero fare ora un’analisi approfondita della sua opera: forse lo farò più avanti, quando avrò letto di più.

Anila Darihu

Fino ad oggi, osservando e leggendo con attenzione cinque sue poesie – intense e varie – e occupandomi della loro traduzione, sono riuscita a scoprire un animo che viaggia nelle profondità abissali del tempo che viviamo. È un intreccio di emozioni pure e di immagini potenti che restano a lungo nella memoria.
In Madri, percepiamo un richiamo interiore, quasi un urlo, e una solitudine spirituale, mentre il poeta cerca una via per condividere dubbi e desideri irrealizzati, gridando e accusando se stesso.
In Rosso, il colore rosso cattura il mutare del tempo e la bellezza malinconica dei giorni, disegnando e imprimendo i paesaggi in cui siamo nati e abbiamo cercato il Sud affascinante, con i tramonti che portano nuove rinascite, così come li sognano e sperano i poeti.
In Senza Fili, il linguaggio di Davoli rivela follia ed estasi, uno scontro tra desiderio e perdita.
In Osanna, il poeta accende la passione e il fuoco di un desiderio inestinguibile, immergendoci in un paesaggio spirituale ardente e complesso.
Ipotesi chiude il ciclo con una riflessione interiore, un inseguimento senza fine della presenza dell’amato, tra la solitudine e i ritardi della vita.
Nulla ci ostacola davvero in questa esistenza, ma resta sempre uno spazio per il desiderio.
In queste poesie, Davoli trasforma stati d’animo interiori in immagini vivide e universali, creando una poesia al tempo stesso intima e collettiva, in cui ogni lettore può ritrovare il proprio riflesso.
Anila Dahriu

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«Raro trovare una voce di poeta sempre composta e sempre attenta alla misura espressiva, a non andare oltre i confini di una realtà vissuta e rielaborata per coglierne le essenze e renderle immagini da conservare.
Sì, la prima cosa che rende piacevole questa raccolta è il timbro espressivo, la capacità di saper cogliere le emozioni e renderle poesia senza fronzoli, senza eccessi, senza aggiunte troppo letterarie che avrebbero reso le espressioni legate a una stagione e non alla marea disorientante del tutto».

«Sembra comparire qua e là, come in un circo immaginario, fantasmagorico, un clown scanzonato e tuttavia pessimista, che nasconde le sue lacrime e la sua rabbiosa amarezza sotto il cupo riso della burla. C’è un aggirarsi smarriti in una realtà disarticolata come frammenti asimmetrici di un puzzle, sconosciuta o difficile da comprendere e da accettare, quasi impossibile da ricucire: Non capisco neppure / se il vento che mi soffia tra le dita / al quale oppongo le mani spalancate / mi spinge avanti oppure / mi frena bruscamente...
E la luna (quale poeta mai non ha cantato la luna?) non rimanda a quella contemplativa, estatica e silenziosa, di Leopardi, ma piuttosto a quella della notte, spaventata e infreddolita, di Garcìa Lorca: ...piange sui tetti lacrime d’argento / strozza la notte / in un rigagnolo di solitudine. Qui è sempre una Luna che non splende. Roccia di cratere spento.
Marina Caracciolo

«Nel 2022, ci si è indaffarati a cercare di ripristinare la poesia civile, sia i miei realisti terminali che Vito Davoli, insieme al suo amico Marco Cinque. Da allora è stato una fioritura, fino all’esagerazione, per cui la poesia civile diventa consolazione per pensionati.
Nel frattempo, Davoli incontra il Realismo terminale col quale si intreccia. Nel contempo la poesia civile diventa poesia infernale e la specie umana, morendo in guerre, non più militari ma ormai soltanto assassine, è usata come materiale per un planetario concimificio».
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Seguono le poesie citate Madri, Rosso, Senza fili, Osanna e Ipotesi, tradotte in albanese, che è possibile leggere a questo link sulla Gazeta Nacional o sulla Gazeta Destinacioni così come sul magazine kosovaro Iwabogdani.org su cui l'articolo è stato rilanciato e riproposto.


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V. DAVOLI, Carne e sangue, Tabula fati, Chieti 2022

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