«Il pensiero sognante»: Marina Caracciolo legge Ada de Judicibus Lisena
È un testo particolarmente sentito e partecipato quello
che Marina Caracciolo affida ai tipi di Bastogi col titolo Il Pensiero
Sognante. La poesia di Ada de Judicibus Lisena, appena edito. Un ulteriore,
profondo contributo analitico e critico che si aggiunge alla già ragguardevole
produzione critica a proposito dell’opera della poetessa molfettese che passa
attraverso gli importanti contributi monografici di Vincenzo La Forgia e di
Marco Ignazio de Santis, senza trascurare un percorso che negli anni ha visto
cimentarsi nella lettura della de Judicibus nomi quali Giorgio Barberi
Squarotti, Mario Dentone, Domenico Cara, Daniele Giancane, Elena Bono, Vincenzo
Cardarelli, Vittoriano Esposito, Anna Santoliquido, Giovanni de Gennaro e
altri, tutti inseriti in un opportuno indice dei nomi che offre la possibilità
di affrontare percorsi critici secondo prospettive diverse e variegate.
Particolarmente presenti nel testo i sentieri aperti
negli anni da Marco I. de Santis e Gianni Antonio
Palumbo nel solco dei quali la Caracciolo intraprende il suo cammino
critico arricchendolo questa volta con nuovi spunti di riflessione a proposito
anche dell’ultima parte della produzione lirica di Ada de Judicibus, quella
milanese, fin qui rimasta per lo più inedita come corpus unico
se si eccettua qualche singola pubblicazione sulla prestigiosa rivista
letteraria barese La Vallisa e sul magazine L'Altra
Molfetta.
È la stessa autrice a spiegare il perché di quel titolo:
«Il pensiero sognante è nel suo poetare una proiezione soggettiva e
pittorica della realtà, una rifrazione prismatica colma di fantasia, di
sentimento e anche di inquietudine, di ciò che di volta in volta ella osserva,
considera o ricorda con vivo coinvolgimento». Lo stesso coinvolgimento che ci
pare di notare nella prosa di Marina Caracciolo rispetto alla produzione lirica
analizzata: che è prosa ricca e rigorosa da un punto di vista scientifico e che
non rinuncia al gusto di un andamento quasi narrativo nel quale l’autrice
“tradisce” qua e là il piacere di entrare in quei versi e di abbandonarsi «al
planare da misteriose alture con la levità di una piuma» accompagnandosi in
toto allo stesso percorso suggerito dalla poetica analizzata.
Ed è una sorta di “effetto speciale” particolarmente
affascinante per un testo critico, che stabilisce una particolare sintonia,
evidente ed efficace, fra la studiosa e la poetessa a tutto vantaggio di una
fruizione a cui è ancora concesso qualche margine polisemico che non esaurisce
né pretende di esaurire tutto in un unico discorso critico che, diversamente,
risulterebbe quasi invasivo ed è invece, per questo, meditato e profondo.
Così come delicato e rispettoso è l’approccio di questo testo
alla lirica di Ada, quasi a voler riflettere quella «costante discrezione,
quella vellutata dolcezza, quasi un pudico timore» per lasciarle intatte e
inalterate a tutto beneficio di una lettura che ben si preoccupa di mantenere
intatta la verità dei versi analizzati senza mai piegarli a quelle forzature
talvolta cervellotiche, talaltra edonistiche e altre ancora perfino
narcisistiche in cui spesso inciampa tanta parte della critica letteraria
contemporanea.
Nel lungo percorso sapientemente orchestrato dalla
Caracciolo, la studiosa viaggia insieme alla poetessa attraverso le
sue sillogi monografiche partendo da La Cortina dei Cedri fino ad
arrivare a Omaggio a Molfetta, «il dono più bello che potesse fare alla
sua citta doleceamara», come scrisse Giovanni de Gennaro nella
presentazione alla prima edizione del 2002, e procede evidenziando puntualmente
i tratti distintivi che lei identifica come caratterizzanti la poetica di Ada
de Judicibus: dallo sguardo lungo a Saffo, a Livia, ai mosaici pompeiani e più in
generale dall’amore per la cultura classica alla policromia “pittorica” che
sembra «uscire dai dipinti fiabeschi del Beato Angelico o dalle fantasie
surreali di Chagall» (p.15); dalla natura protagonista metatemporale nel suo
stesso trascorrere di stagioni, ai ricordi d’infanzia, memorie riflesse in uno
specchio che fa del tempo il suo stesso gioco a fermarlo.
E il mare «che insorge – come splendidamente commenta la
Caracciolo – dalla grandeur della poesia epica […] con le sue iridescenze
gloriose»; e la casa, un fondamento poetico nella produzione di Ada – se si
considera che è proprio lì è ubicata la cortina dei cedri – che «regna sopra
tutto, un nido che è deposito di private memorie, vedette da cui affacciarsi
per sognare».
Prosegue così la studiosa attraverso le successive
raccolte Note ai margini di una pena e Quasi un diario evidenziandone
i tratti distintivi rispetto alla precedente Cortina: il più intenso e
delicato tono intimistico che affida all’andamento diaristico la “cronaca”
emotiva e sentimentale di un’ansia umana e poetica tanto solitaria quanto nel
rapporto con gli affetti più prossimi dove però restano ben saldi e, anzi, si
delineano con maggiore profondità i pilastri della poetica di Ada: il verso
leggero e discreto che non urla mai, la natura e la casa, lo scorrere delle
stagioni accanto a un elemento nuovo che la Caracciolo sottolinea presentarsi
per la prima volta in Quasi un diario; «un elemento quasi estraneo alla
poesia di Ada: il sorriso divertito dell’ironia» che agisce su se stessa ma ci
piace sottolineare, insieme alla studiosa, come sia «rivolto anche ai poeti
sognatori i quali, persi magari nelle loro pur belle fantasticherie, finiscono
per ignorare le cose concrete del mondo circostante».
L’architettura critica messa su dalla Caracciolo non
trascura mai il puntuale riferimento ai versi stessi della poetessa: lo studio
è ricco di citazioni non solo di singoli versi o gruppi di essi ma spesso di
intere poesie (l’ultima parte dei Versi da Milano riporta solo poesie
complete qui edite per la prima volta in un unico corpus) a riprova
puntuale delle riflessioni sviluppate nel testo e tese ad evidenziare ciò che
Giorgio Barberi Squarotti scriveva a proposito del potere trasfigurante della
poesia di Ada: «[…] passare dal ritratto di un personaggio, da una situazione
anche comune, da un ricordo […] alla meditazione, alla visione, alla
rivelazione del senso della vita».
Così il cammino intrapreso dalla poetessa (e a fianco a
lei – perché lì ci sembra si ponga – anche la studiosa) approda ad una fase
nuova e diversa di un iter umano che non può tralasciare, nella sua
propensione al ricco cromatismo, neppure le tinte meno splendide e calde che
cominciano a espandersi prima con Il dolore, il sorriso, un’ambivalenza
quasi ossimorica che non può trascurare i proverbiali “due lati della medaglia”
dell’esistenza umana, poi con La pioggia imminente ad esordio della
cui lettura sapientemente la Caracciolo pone lo sguardo di M. I. de Santis
secondo il quale «Nel variegato colorismo delle prime raccolte si sono ormai
insinuate le tonalità spente del grigio»; un inedito panorama nel quale la
nuova luce non fa che arricchire i temi forti e onnipresenti della poesia di
Ada, a partire dall’amore per i classici, resi qui veicoli sempre più ricchi e
raffinati, appropriati ad una riflessione che va facendosi matura e compiuta.
Con gli aerei pensieri tipici di Segno
d’aria probabilmente si apre quella stagione che porterà dritto ai Versi
da Milano. Sottolinea Marina Caracciolo che «la prima delle tre parti di questa
silloge [..] è quasi del tutto immersa, anzi, per così dire intrisa di aerei
pensieri, di una segreta fiammante necessità» che ci pare essere
l’embrione che nell’ultima fase della produzione milanese si espliciterà
come inno ascensionale, come sospiro di verticalità e che, in
verità, aveva già cosparso l’intero percorso affrontato dalla studiosa di semi
e germi di ansia di spazio.
Si arriva così alla più recente stagione della produzione
milanese, ancora una volta caratterizzata da una novità soprattutto sul piano
stilistico, dove l’andamento dialogico e una più caratterizzata presenta di un
‘tu’ non necessariamente destinatario, si fanno veicoli di una «capacità, direi
quasi istintiva, di trasfigurazione del reale» (p.69).
Non indugeremo sui Versi da Milano dei quali
abbiamo abbondantemente dato nota ai nostri lettori nel corso del periodo
pandemico su L'Altra Molfetta e su questo blog, sia per non privare
il lettore di una fruizione completa e gustosa dell’intero testo della
Caracciolo, sia – ci sia consentito – per poter ringraziare con discrezione
l’autrice che anche a quelle pagine de l’Altra Molfetta rimanda e fa
riferimento a proposito della più recente fase milanese della poesia di Ada de
Judicibus.
da L'altra Molfetta, Aprile 2022